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L’anno di noviziato di fra Pio

Il noviziato nel convento di Morcone

Fra Pio trascorreva l’anno di noviziato nel convento di Morcone (BN). Qui continua ad essere un esempio per i suoi compagni durante tutto il periodo del noviziato. La sobrietà del suo comportamento fa passare in secondo piano qualche stranezza, notata dai superiori o dagli altri giovani frati. Come lo scarso appetito. Spesso, a refettorio, il Maestro e il Guardiano del Convento si accorgono che talvolta non tocca neppure i piatti. Notano anche il suo tentativo di passare inosservato e il conseguente imbarazzo e fanno finta di niente. Anche quando quel singolare novizio va a ringraziarli, al mattino, per avergli garantito una colazione non consumata.

Fra Guglielmo e Fra Placido, invece, lo sorprendono non di rado in lacrime dopo la lettura della passione di Cristo. Le prime volte quelle lacrime formano una chiazza umida sul pavimento ligneo del coro. Poi, per evitare burle o di dover dare spiegazioni, la furbizia gli suggerisce di stendere dinanzi a sé un fazzoletto che assorbe e fa scomparire ogni traccia di pianto.

Spesso, durante la ricreazione, gli occhi dei novizi lo cercano invano. Mentre gli altri giocano, lui è a pregare. Nel coro o nella sua cella. Sempre col permesso dei superiori. E non è il carattere che lo porta a isolarsi. Anzi. Con gli altri si trova bene. E gli altri si trovano bene con lui. Ma la gioia di stare con gli altri gli illumina il viso soprattutto nei momenti di preghiera comunitaria, anche durante quella notturna, e persino, strano a dirsi, quando il maestro chiama i novizi a flagellarsi, tutti insieme, per fare esperienza dei patimenti del Figlio di Dio. A quelle collettive, poi, fra Pio, nel segreto della sua stanza, aggiunge qualche altra penitenza personale. Evidentemente non ritiene sufficienti l’obbligo di camminare a piedi scalzi, il duro giaciglio, il lavoro ancora più duro, l’imposizione di lunghi periodi di silenzio e tutti gli altri severi precetti non facili da sopportare.

I compagni di studio rimangono colpiti dal comportamento esemplare di fra Pio. Nessuno, però, è in grado di immaginare il disegno di Dio su quel ragazzo. A scuola è come tutti gli altri. Non spicca per ingegno. Anche se non si fa mai cogliere impreparato. Forse è questa l’unica stranezza. Non è da tutti, infatti, saper rispondere a ogni interrogazione. Eppure su quello studente circola voce che passi poco tempo sui libri. L’ha messa in giro un frate che svolge il compito di «bidello dello studio», padre Leone, che racconta senza porsi alcun problema quanto ha scoperto entrando «spesso nella sua cella»: «Lo trovavo quasi sempre a pregare in ginocchio e con gli occhi arrossati di pianto».

Trascorso l’anno di prova, il novizio pietrelcinese, supera a pieni voti le tre valutazioni della comunità religiosa. Mancano ancora due tappe. Una settimana di esercizi spirituali e un vero e proprio terzo grado da parte dei superiori: «I voti che stai per emettere sono spontanei, sinceri, senza minaccia, sforzo o seduzione di qualsivoglia persona del secolo o della religione? È con vera intenzione che intendi obbligarti a Dio coi tre voti, osservando la vita e la regola dei Frati Minori Cappuccini in perfetta vita comune?» Le risposte a queste domande convincono gli esaminatori. E sono soddisfacenti quelle relative alla conoscenza della religione e della regola cappuccina.

La sera del 21 gennaio 1904 l’ansia e la volontà di prepararsi adeguatamente sono più forti della stanchezza di un’intensa giornata di vigilia. Dopo l’ultima preghiera, tutti i novizi cercano la porta del coro per essere pronti, anche con il necessario riposo, ad affrontare la solenne giornata che sta per cominciare. Tutti tranne uno. Fra Pio è rimasto al suo posto, senza destare meraviglia. È sempre l’ultimo a uscire. E qualche volta si trattiene qualche minuto in più. Quel “minuto”, alla vigilia della professione semplice, dura tutta la notte.

Sorpreso ancora con gli occhi bagnati dal Crocifisso ligneo del coro illuminato dall’aurora, quel giovane frate sui generis si rende conto che è arrivata l’ora di predisporsi a vivere il grande evento. Corre nella sua cella per cancellare, con un po’ di acqua sul viso, le tracce delle lacrime e della stanchezza.

Qualche ora dopo, il 22 gennaio 1904, si ritrova, a distanza di un anno, nuovamente davanti all’altare maggiore, ai piedi della statua della Vergine che indica il cielo con lo sguardo. Questa volta, però, di fronte a lui c’è padre Francesco Maria, il superiore del Convento di Morcone che, con la sua autorità, in quel momento, rappresenta tutto l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. A lui fra Pio promette di vivere nell’obbedienza, nella povertà e nella castità, almeno per un periodo di tre anni. Poi, se lo vorrà, potrà confermare questo proposito per tutta l’esistenza.

Nell’assemblea dei fedeli, non ancora notata dal neo-professo, c’è una donna che piange di gioia e per la commozione. È mamma Peppa, giunta da Pietrelcina con il primogenito Michele e con zio Angelantonio De Nunzio.

Solo al termine della celebrazione le lacrime della madre e quelle del figlio si fondono in un abbraccio atteso per dodici, lunghissimi mesi. Fra i singhiozzi, la donna riesce a balbettare solo una frase: «Figlio mio, ora sì che sei figlio tutto di San Francesco. E che ti possa benedire».

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