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Fra Pio e i misteri di Sant’Elia a Pianisi

Tre anni nel convento molisano

Tre anni nel convento di Sant’Elia a Pianisi

Pochi giorni dopo la professione temporanea, avvenuta a Morcone (BN) il 22 gennaio 1904, fra Pio deve cambiare convento. Si trasferisce a Sant’Elia a Pianisi, a pochi chilometri da Campobaso, per il corso ginnasiale. Qui conosce la fama di santità di un frate cappuccino: padre Raffaele da Sant’Elia a Pianisi, morto nel 1901 e sepolto nel convento del suo paese natio.

Per il ragazzo, ormai diciottenne, padre Raffaele diventa un modello. Non manca di rivolgersi a lui in preghiera con parole che rivelano tutta la sua devozione: «La tua vita mi rapisce la mente e il cuore e piaccia a Dio di poterti, anche in minima parte, imitare».

E più fra Pio si sforza di seguire le orme del suo santo confratello, più la sua coscienza amplifica ogni piccola, umana debolezza. A tormentarlo sono principalmente due dubbi: «non essere certo di aver confessati tutti i peccati della mia vita passata e… di averli o no confessati bene» e poi, in relazione alle «continue tentazioni contro la santa purità… non esser certo se al primo assalto del nemico fui pronto a far resistenza». In pratica non si duole di un peccato commesso, giacché non l’ha commesso. Si duole di non essere stato sufficientemente pronto a rigettare il pensiero del peccato, di aver preso in considerazione l’ipotesi di poterlo commettere. È l’inizio di un atroce tormento dell’anima che lui stesso definisce «martirio degli scrupoli», destinato a durare per quattro lunghi anni.

Tenta di evadere da quel carcere dello spirito. Quando, a maggio del 1904, il ministro generale dell’Ordine, padre Bernardo da Andermatt, si reca in “visita canonica” al convento di Sant’Elia a Pianisi, fra Pio gli chiede di potersi recare in terra di missione. Ma il desiderio del giovane frate non ottiene il consenso sperato.

In questa situazione di stress continuo, dovuto allo studio della filosofia e alla continua lotta fra limite e desiderio di perfezione, Pio da Pietrelcina vive una singolare esperienza. La sera del 18 gennaio 1905 l’orologio del convento ha appena battuto undici rintocchi. Fra Pio è ancora in coro a pregare con fra Anastasio, suo compagno di corso. D’improvviso si ritrova a Udine, «in una casa signorile, dove il padre moriva, mentre una bambina nasceva». Non è un sogno. Non sa spiegarsi come sia accaduto, ma è così. Mentre avviene questo duplice evento, nel luogo del parto, al fraticello appare «Maria Santissima» che si rivolge a lui con queste parole: «Affido a te questa creatura; è una pietra preziosa allo stato grezzo, lavorala, levigala, rendila più lucente possibile, perché un giorno voglio adornarmene…». Preso un po’ alla sprovvista e turbato dalla responsabilità che scaturisce da quelle parole, fra Pio osa ribattere: «Come sarà possibile, se io sono ancora un povero chierico e se non so se avrò la fortuna e la gioia di essere sacerdote? Ed anche se sarò sacerdote, come potrò pensare a questa bimba, essendo io molto lontano da qui?» La Madonna lo tranquillizza: «Non dubitare, sarà lei che verrà da te, ma prima la incontrerai in San Pietro…» Ottenuta questa rassicurazione, fra Pio si ritrova nuovamente nel coro del suo convento, mentre la neonata, inconsapevolmente, diventa subito strumento della grazia divina. La casa del marchese Giovanni Battista Rizzani, suo padre, iscritto alla Massoneria, è presidiata dai “fratelli”, decisi a impedire l’ingresso del parroco e la conversione dell’uomo in punto di morte. La moglie, Leonilde, donna molto religiosa, rivendica almeno il diritto di far battezzare la bambina, nata prematura. Questa richiesta induce i massoni a lasciar passare il sacerdote, consentendogli di amministrare i sacramenti alla figlia e a suo padre, che chiude gli occhi ripetendo «Mio Dio, mio Dio, perdonami!».

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Non mancano, neppure a Sant’Elia a Pianisi, le visioni infernali. Il diavolo terrorizza il giovane cappuccino mostrandosi come «un mostruoso cane nero» con «testa enorme e occhi feroci».

Oltre agli scrupoli e alle orrende apparizioni, il suo nemico stava preparando al devoto fraticello un altro brutto tiro. Durante una delle gitarelle nei dintorni del paese molisano, padre Giustino e un gruppo di studenti di filosofia vengono sorpresi da un violento temporale. Stanno rientrando da Casacalenda, dove sono stati ospiti nel convento dei Frati Minori, dedicato a Sant’Onofrio. Decidono di fare marcia indietro. Tutti fradici bussano nuovamente al convento dei Minori, dove trovano asciugamani e camino acceso per asciugarsi. Per fra Pio, che sembra più gracile degli altri, c’è un trattamento speciale. Gli tolgono l’abito bagnato e gli mettono quello prontamente offerto dal padrone di casa, padre Isidoro. Tanta premura, purtroppo, non è sufficiente. Raffreddore e tosse non tardano ad arrivare. Da allora incominciano «i suoi mali e le sue sofferenze che» dovrà sopportare «per tutta la vita». Sono i primi sintomi di una malattia che, nel giro di pochi anni, si ripresenterà con modalità misteriose, tanto da mettere in crisi confratelli e medici.

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